"Tra i tuoi alunni c'è Giovanni che trattiene le lacrime. In questo momento ha visto che gli altri bambini hanno capito i segni che tu hai scritto alla lavagna. Ha intuito che rappresentano suoni e che quei suoni si usano per dire parole una dopo l'altra guardando il foglio, quello insomma che gli altri chiamano "leggere". A lui molti di quei trattini sembrano uguali o quasi, altri hanno lo stesso suono, ma vede che vengono scritti diversamente. Tu gli hai detto che non faceva abbastanza attenzione, ecco perché sbagliava e rimaneva sempre indietro. Gli hai anche detto che avrebbe lavorato durante la ricreazione, anziché giocare, così si sarebbe messo in pari con gli altri. (...)" AA.VV, La dislessia raccontata agli insegnanti, Libri Liberi, Bologna, 2002, Pag. 11
Giovanni, ovviamente, non è stato un mio alunno, non proprio lui, ma quanti Giovanni ho incontrato a scuola? Quanti RICORDI ho di bambini come lui?
Purtroppo molti. Bambini arrivati a scuola con gioia e tante aspettative positive, ma che purtroppo, già dopo qualche mese sono in difficoltà. Per loro diventa difficile imparare a leggere e scrivere poiché lettura e scrittura non sono meccanismi automatici. Sono bambini dislessici.
Che cos’è la dislessia?
La DISLESSIA è un Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA) come DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA E DISCALCULIA. La principale caratteristica di questa categoria è la specificità, ovvero il fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale: il bambino dislessico non presenta deficit di intelligenza, problemi psicologici, deficit sensoriali. In particolare la dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente.
Quindi i bambini dislessici non impareranno mai a scrivere?
No, i bambini dislessici imparano a leggere e a scrivere, ma solo con grande impegno e fatica. Il problema principale, secondo me, è un altro: solitamente vivono in modo drammatico la loro difficoltà, che non sanno spiegare, rispetto al facile successo dei loro coetanei, per cui si ingenera un sentimento di inadeguatezza e scarsa autostima che provoca il rifiuto della scuola. Per questo ritengo che il compito dell’insegnante sia fondamentale nella gestione della dislessia.
Perché? Cosa può fare di speciale l’insegnante?
Nel bene e nel male l’insegnante può fare tanto.
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BIAGIO
Biagio è un bambino di 7 anni. Io, però, l’ho conosciuto quando ne aveva sei. All’inizio della 1^ si impegnava tanto ma nonostante questo alla fine dell’anno scolastico non sapeva leggere e scriveva solo se gli si dettava una lettera per volta, non riusciva neppure a copiare dalla lavagna in maniera corretta. L’episodio che voglio raccontare io, però, è avvenuto all’inizio della 2^. Si stavano controllando i compiti delle vacanze che Biagio aveva regolarmente svolto, l’insegnante si avvicina a lui col libro del bambino in mano e gli dice con un gran sorriso “Bravo!”. Biagio sorride a sua volta, molto contento. L’insegnante che non lo sta più guardando si rivolge a me a mezza voce, non sufficientemente piano per non essere sentita, anzi, forse volendo proprio essere sentita e mi dice: “Chi ci crede che li ha fatti da solo?”. Biagio ovviamente sente, continua sorridere ma di un sorriso imbrazzato, arrossisce, si guarda intorno. I suoi compagni lo guardano comprensivi, si conoscono da sempre sono i soli sette bambini di sette anni del loro paesino e sono molto legati tra loro.
Questo, purtroppo, è stato solo il primo di una lunga serie di episodi in cui Biagio è stato deriso da quella insegnante. Lui non ha mai ricevuto una diagnosi di DSA: insegnanti e genitori erano concordi nel definirlo solo svogliato, quindi non è mai stato accompagnato da un neuropsichiatra per avere una diagnosi. Forse non era un bambino dislessico, in ogni caso il suo comportamento nel tempo è cambiato molto, nel corso di quell’anno scolastico Biagio è diventato sempre più apatico, poi ha cominciato a nascondersi sotto la sedia, a gattonare sotto i banchi dei compagni. Inizialmente queste umiliazioni pubbliche della maestra avevano effetto perchè si fermava, si rimetteva seduto per un po'. Nel corso degli anni, però, Biagio è diventato sempre più noncurante delle osservazioni degli insegnanti. Adesso frequenta la 2^ media ed è seguito da un educatore che gli fa fare delle attività individualizzate fuori dall’aula e “lo trattiene quando vuole picchiare i compagni”!
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Quasi tutti i bambini si fanno aiutare a svolgere i compiti durante le vacanze, non mi sembra così grave il comportamento della maestra!
Proprio perché questo è vero l’episodio è ancora più grave. Lei infatti ha messo in evidenza che Biagio si era fatto aiutare come se solo lui lo facesse. Questo episodio lo ricordo bene perché Biagio si vergognò davvero. E purtroppo situazioni di questo genere erano molto frequenti. Ricordo quel sorriso un po’ imbarazzato e lo sguardo di richiesta di aiuto che mi rivolgeva quando era in difficoltà. Ne parlammo durante le ore di programmazione, diverse volte, ma non giungemmo a molto. Su mia insistenza consigliammo alla mamma di rivolgersi ai Servizi della A.S.L. ma è finita come dicevo poco fa.
E cosa avrebbe dovuto fare quella insegnante?
Prima di tutto avrebbe dovuto evitare di deriderlo, ridicolizzarlo, di usare la disconferma[1] umiliandolo. Poi, avrebbe dovuto lavorare in team, poichè questo già aiuta molto ad affrontare situazioni come questa nelle quali ci si può sentire molto soli ed impotenti. Quel team docente, infine, avrebbe dovuto essere più unito nel proporsi ai genitori, dare delle informazioni precise e anche delle speranze perché i bambini con dislessia (e più in generale con DSA) possono essere aiutati ad imparare a leggere e scrivere e soprattutto gli si può permettere di non cadere nel vortice vizioso della insicurezza, della mancanza di autostima, dell’apatia. Esistono, infatti, degli strumenti dispensativi e compensativi che li aiutano molto.
Dovrebbero essere dispensati da qualcosa? E gli altri bambini?
Gli strumenti dispensativi sono previsti da direttive Ministeriali (Prot.n° 4099/A4 del 5 ottobre 2004) e non si tratta di fare qualcosa di particolarmente complicato. Si potrebbe evitare di farlo leggere a voce alta e di correggere tutti gli errori nei testi scritti valutando solo la forma e i contenuti, concedere tempi più lunghi per lo svolgimento dei compiti, evitare di fare imparare a memoria e di copiare dalla lavagna, evitare di far ricopiare tante volte un lavoro già svolto perché scorretto o disordinato e soprattutto, ancora una volta, essere comprensivi, empatici, non ridicolizzarlo.
Ripeto la domanda: e i compagni? Sicuramente lo considererebbero un privilegiato?
Ai compagni di classe si deve spiegare cos’è la dislessia, anche attraverso storie di dislessia utili ai compagni ma anche allo stesso bambino dislessico.
Fra queste storie, è particolarmente indicata una fiaba (Il mago delle formiche giganti –Libri Liberi), scritta dal “Comitato per le problematiche sociali dell’Associazione Italiana Dislessia". La storia racconta dell’uscita in campagna di una classe, dei bambini sguinzagliati alla ricerca di foglie e fiori, coccinelle, scarabei, ragni e lumaconi, armati di scatoline, lente di ingrandimento e manuale del perfetto ecologista. I bambini all’opera sono fermati nei loro caratteri. "Alessia è sovrabbondante e muore sempre di fame, Tommaso è il bello della classe, Pietro ha gli occhiali, Smilla è troppo lunga e maldestra Giovanni non è né svogliato né pigro, è soltanto dislessico”.
Si può, inoltre, spiegare che i bambini dislessici hanno necessità particolari e come non si chiede ad un bambino miope di leggere lontano, dove non riesce a vedere bene, così non si chiede ad un bambino dislessico di leggere a voce alta o che se il bambino miope può, anzi, deve, usare gli occhiali il bambino dislessico può, anzi deve usare gli strumenti compensativi. Penserebbero mai che un bambino miope è un privilegiato perché usa gli occhiali?
Cosa sono gli strumenti compensativi?
Sono strumenti che aiutano il bambino dislessico a superare le sue difficoltà: la tavola pitagorica, la calcolatrice, il computer, il registratore o il lettore MP3, gli audiolibri ed anche dei software specifici che lo aiutino nella lettura.
L’insegnante, insomma, dovrà sopportare un lavoro gravoso?
No, l’insegnante, come in ogni situazione in cui nella sua classe sia presente un alunno con deficit, deve adottare una didattica unica per tutta la classe, necessaria per l’alunno dislessico ma utile per tutti. Deve mettere al centro i bambini, come sempre, valorizzare i “sa fare”, come sempre, mettersi in discussione, come sempre, adottare una didattica laboratoriale che permetta ai bambini di fare, di non sentirsi giudicati, di sentire il desiderio di imparare, come sempre!
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[1] La disconferma è la delusione di un'aspettativa da parte degli altri. Quando un bambino chiede attenzione con una domanda o mostrando un lavoro concluso che magari gli è anche costato fatica e non la riceve si sente umiliato, non degno di risposta, di ammirazione, non degno d'amore. Anche la conferma paradossale è molto pericolosa ma spesso attuata senza neppure rendersene conto. Accettare in dono il disegno di un bambino, dirgli che è molto bello e poi buttarlo nel cestino di lì a poco che effetto può avere su quel bambino?
[2] Anche l'uso dello spazio e del tempo sono fondamentali in situazioni come quelle descritte. Se, infatti, è sempre importante scegliere con cura la parete sulla quale affiggere i cartelloni, questo diventa fondamentale in una classe che veda la presenza di un alunno con DSA. Per alcuni insegnanti, infatti, non è scontato che i cartelloni debbano trovarsi ad altezza di bambino e si debbano individuare dei luoghi precisi in cui i bambini imparino a guardare in caso di difficoltà (la tavola pitagorica dovrà essere affissa e lasciata sempre nello stesso luogo e così anche il cartellone delle lettere in corsivo o quello degli articoli e così via: i bambini non dovrebbero perdere tempo ed energie nella ricerca del cartellone che per loro è tanto utile e che, invece, magari l'insegnante ha tolto!). Per ciò che riguarda, invece, il tempo, mai come di fronte alla dislessia è necessario che i tempi siano distesi, che si accettino momenti di riflessione da rispettare in silenzio, senza commenti.
[3] In questo intervento ho parlato prevalentemente di dislessia ma i DSA comprendono anche discalculia, disortografia, disgrafia. Sono disturbi con caratteristiche specifiche diverse ma che necessitano delle stesse attenzioni della dislessia. Per questo quanto ho scritto riferendomi ai bambini con dislessia si può generalizzare e considerarlo valido per tutti i bambini con DSA.
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