Il laboratorio è una dimensione, un orientamento educativo didattico, propone delle atmosfere e dei processi. Non è, quindi, un luogo e neppure un momento, un’attività proposta di tanto in tanto, la cosiddetta attività laboratoriale: quando si parla di laboratorio bisogna pensare sostanzialmente ad uno stile di intervento.
Grazie alla dimensione laboratoriale, infatti, “si scopre che i modi per conoscere possono andare al di là degli itinerari convenzionali, spesso ritenuti unici percorsi per accedere al sapere, alle conoscenze; che il vedere delle immagini può richiamare alla memoria situazioni, odori, suoni, paure e che sentire degli odori può richiamare alla memoria una storia, un vissuto fatto di immagini, di parole, suoni; che gli itinerari della conoscenza non sono soltanto dei percorsi graduali e semplici, risultato di una addizione di percezioni sensoriali e di eventi, ma complessi ed articolati. (…) [1]
Nella dimensione laboratoriale c'è bisogno di un grande mago dei venti che produce dei vortici in cui i bambini si lasciano trascinare piacevolmente: l’insegnante.
L’insegnante regista che, pur perseguendo un progetto di base, è pronto a cogliere le occasioni che possono far scaturire l’emozione di conoscere per poi crearne di nuove. Situazioni nuove in cui ci siano diverse possibilità di azione perché tutti possano partecipare, essere attenti, comprendere, imparare. L'insegnante regista deve, inoltre, ricordare, che più le unità di insegnamento-apprendimento sono complesse e più il bambino impara poiché in una lezione polivalente può essere più facilmente coinvolto, essere attento, trovare lo stimolo adeguato al proprio stile di apprendimento.
Questa dimensione, infatti, non fa riferimento ad un’età anziché ad un’altra ma calibra le attività sulle diverse competenze poiché non è vero che ad una determinata età corrisponde una determinata competenza [2]. Ed essendo così, il laboratorio è il luogo ideale per tutti gli alunni. In questa dimensione, infatti, ciascuno dà il proprio apporto mettendo a disposizione ciò che sa fare e che già conosce, ma al contempo impara. Impara guardando, imitando, facendo. E più impara, più vuole imparare poiché in una dimensione di piacevole relazione, di non giudizio, di accettazione dell’errore è molto facile che nasca il desiderio di conoscere.
Il laboratorio, in sostanza favorisce l’apprendimento, facilita i rapporti interpersonali, sviluppa la fiducia nelle proprie capacità.
[2] Il concetto di eterocronia (proposto da Renè Zazzo) stabilisce che ciascun individuo apprende in tempi e modi che non sono legati all'età e che non lo fa seguendo un percorso lineare e sincronico, ma che, invece, procede a zigzag, a volo di farfalla.