mercoledì 29 dicembre 2010

Il laboratorio


Il laboratorio è una dimensione, un orientamento educativo didattico, propone delle atmosfere e dei processi. Non è, quindi, un luogo e neppure un momento, un’attività proposta di tanto in tanto, la cosiddetta attività laboratoriale: quando si parla di laboratorio bisogna pensare sostanzialmente ad uno stile di intervento.

Grazie alla dimensione laboratoriale, infatti, “si scopre che i modi per conoscere possono andare al di là degli itinerari convenzionali, spesso ritenuti unici percorsi per accedere al sapere, alle conoscenze; che il vedere delle immagini può richiamare alla memoria situazioni, odori, suoni, paure e che sentire degli odori può richiamare alla memoria una storia, un vissuto fatto di immagini, di parole, suoni; che gli itinerari della conoscenza non sono soltanto dei percorsi graduali e semplici, risultato di una addizione di percezioni sensoriali e di eventi, ma complessi ed articolati. (…) [1]

Nella dimensione laboratoriale c'è bisogno di un grande mago dei venti che produce dei vortici in cui i bambini si lasciano trascinare piacevolmente: l’insegnante.

L’insegnante regista che, pur perseguendo un progetto di base, è pronto a cogliere le occasioni che possono far scaturire l’emozione di conoscere per poi crearne di nuove. Situazioni nuove in cui ci siano diverse possibilità di azione perché tutti possano partecipare, essere attenti, comprendere, imparare. L'insegnante regista deve, inoltre, ricordare, che più le unità di insegnamento-apprendimento sono complesse e più il bambino impara poiché in una lezione polivalente può essere più facilmente coinvolto, essere attento, trovare lo stimolo adeguato al proprio stile di apprendimento.

Questa dimensione, infatti, non fa riferimento ad un’età anziché ad un’altra ma calibra le attività sulle diverse competenze poiché non è vero che ad una determinata età corrisponde una determinata competenza [2]. Ed essendo così, il laboratorio è il luogo ideale per tutti gli alunni. In questa dimensione, infatti, ciascuno dà il proprio apporto mettendo a disposizione ciò che sa fare e che già conosce, ma al contempo impara. Impara guardando, imitando, facendo. E più impara, più vuole imparare poiché in una dimensione di piacevole relazione, di non giudizio, di accettazione dell’errore è molto facile che nasca il desiderio di conoscere.

Il laboratorio, in sostanza favorisce l’apprendimento, facilita i rapporti interpersonali, sviluppa la fiducia nelle proprie capacità.


[1] Tratto da un intervento del Professor Nicola Cuomo sul sito http://www.edscuola.it/
[2] Il concetto di eterocronia (proposto da Renè Zazzo) stabilisce che ciascun individuo apprende in tempi e modi che non sono legati all'età e che non lo fa seguendo un percorso lineare e sincronico, ma che, invece, procede a zigzag, a volo di farfalla.

lunedì 27 dicembre 2010

Sulla scuola

Vorrei proseguire le mie riflessioni incentrando l’attenzione sulla scuola. Sono un’insegnante di sostegno già da diversi anni, ormai, e conosco la scuola, le sue difficoltà ed i suoi limiti ma anche i suoi meriti. Il ruolo che la scuola riveste nella società odierna rappresenta un tema di discussione affrontato oggigiorno a più livelli, più o meno formali, e molto dibattuto anche dai mezzi di informazione: mi piacerebbe che anche questo blog potesse portare un umile contributo! 


La nostra è una società democratica che trova le regole di convivenza che la caratterizzano nella Costituzione della Repubblica. Grazie ad essa si riconoscono a ciascun cittadino gli stessi diritti e gli stessi doveri, ma soprattutto è opinione comune che ciascuno possegga caratteristiche assolutamente individuali che lo rendono unico e che devono essere salvaguardate per potergli consentire di vivere una vita di qualità e poter partecipare attivamente alla vita sociale del paese. 





giovedì 23 dicembre 2010

Sull’emozione di conoscere ed il desiderio di esistere

Vorrei iniziare questa mia riflessione analizzando l’idea di conoscenza associata all’emozione. Penso, infatti, che l’emozione di conoscere e di far conoscere sia un sentimento che dovrebbe accomunare insegnanti ed alunni e che dovrebbe essere il motore che guida i processi che portano alla conoscenza. Troppo spesso, però, si ritiene che la conoscenza dipenda solo dalla buona volontà di chi è chiamato a conoscere, dal suo impegno che deve esserci sempre, indipendentemente da tutto. Il docente viene considerato, ancora troppo spesso, solo come il portatore di contenuti che deve trasmettere al discente. Il processo di insegnamento-apprendimento, infatti, sembra debba riguardare alcuni momenti specifici della giornata, quelli trascorsi a scuola e anche lì solo quelli in cui “si fa sul serio”. In questa idea di conoscenza l’emozione, nella sua accezione positiva, non entra mai: tutto rimanda a fatica, noia, se non addirittura fastidio. “Il tema l’emozione di conoscere”, invece, “vuole sottolineare che le esperienze, gli apprendimenti, il sapere non vanno considerati come una mera acquisizione di dati e di contenuti, ma rientrano nella storia, della nostra vita, nel vissuto di ciascuno. Si tratta di vivere e produrre modalità e contesti di innovazione e integrazione scolastica in situazione di benessere nell’apprendimento e nell’insegnamento. In altre parole il piacere e lo stato di benessere producono il desiderio e l’emozione di conoscere. Emozioni e conoscenza sono vene dello stesso tronco in cui circola tensione ed energia.” (N. Cuomo, Verso una scuola dell’emozione di conoscere, Edizioni ETS, Pisa, 2007, p. 89) 

Il tema "l'emozione di conoscere ed il desiderio di esistere" è stato ampiamente discusso ed analizzato dal Professor Nicola Cuomo (Docente di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Univesità di Bologna) e dalla sua equipe e ne è nato un metodo realizzato, valutato e verificato da più di trent'anni a livello nazionale ed internazionale. Per ulteriori informazioni consultare il sito http://emozione.scedu.unibo.it/ .

lunedì 6 dicembre 2010

Hai mai sentito il suono di una matita che cade?

Sicuramente sì, e probabilmente non ti ha mai allarmato ma…

“Immagina (…) il bambino è vicino al tavolo e sta scrivendo sul quaderno, (…) ed ecco che all’improvviso cade la matita e il bambino sparisce sotto il tavolo. Questo comportamento si ripete più volte. Perché cadono le matite? Perché il bambino vuole richiamare l’attenzione (…) vuole trasmettere il suo malessere, il suo disagio, il suo sentirsi inadeguato al compito proposto, le sue difficoltà sia pure temporanee: in quel momento c’è comunque un problema di comunicazione.”  Piera MassoniSimonetta Maragna, Manuale di logopedia per bambini sordi, Edizioni Franco Angeli , Milano, 2001, Pag 9

L’avevi mai ascoltato veramente quel suono?
Come si sente quel bambino che fa cadere le matite?
E l’adulto che è con lui vicino a quel tavolo  cosa può fare?

“Se (…) comprende questo messaggio, sarà in grado di recuperare la comunicazione interrotta, sostenendo il bambino anziché sgridarlo, nella consapevolezza che questo comportamento non è una provocazione né un atteggiamento di rifiuto, ma al contrario si tratta di una richiesta di aiuto.” Ibidem, pag 9


Vorrei che questo Blog potesse essere un luogo per tutti quegli adulti-educatori che vogliono ascoltare il suono di una matita che cade...