
Vorrei iniziare questa mia riflessione analizzando l’idea di conoscenza associata all’emozione. Penso, infatti, che l’emozione di conoscere e di far conoscere sia un sentimento che dovrebbe accomunare insegnanti ed alunni e che dovrebbe essere il motore che guida i processi che portano alla conoscenza. Troppo spesso, però, si ritiene che la conoscenza dipenda solo dalla buona volontà di chi è chiamato a conoscere, dal suo impegno che deve esserci sempre, indipendentemente da tutto. Il docente viene considerato, ancora troppo spesso, solo come il portatore di contenuti che deve trasmettere al discente. Il processo di insegnamento-apprendimento, infatti, sembra debba riguardare alcuni momenti specifici della giornata, quelli trascorsi a scuola e anche lì solo quelli in cui “si fa sul serio”. In questa idea di conoscenza l’emozione, nella sua accezione positiva, non entra mai: tutto rimanda a fatica, noia, se non addirittura fastidio. “Il tema l’emozione di conoscere”, invece, “vuole sottolineare che le esperienze, gli apprendimenti, il sapere non vanno considerati come una mera acquisizione di dati e di contenuti, ma rientrano nella storia, della nostra vita, nel vissuto di ciascuno. Si tratta di vivere e produrre modalità e contesti di innovazione e integrazione scolastica in situazione di benessere nell’apprendimento e nell’insegnamento. In altre parole il piacere e lo stato di benessere producono il desiderio e l’emozione di conoscere. Emozioni e conoscenza sono vene dello stesso tronco in cui circola tensione ed energia.” (N. Cuomo, Verso una scuola dell’emozione di conoscere, Edizioni ETS, Pisa, 2007, p. 89)
Il tema "l'emozione di conoscere ed il desiderio di esistere" è stato ampiamente discusso ed analizzato dal Professor Nicola Cuomo (Docente di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Univesità di Bologna) e dalla sua equipe e ne è nato un metodo realizzato, valutato e verificato da più di trent'anni a livello nazionale ed internazionale. Per ulteriori informazioni consultare il sito http://emozione.scedu.unibo.it/ .
Salve, sono un'insegnante di scuola media. Insegno francese, ho nove classi, piuttosto numerose che vedo per due ore a settimana e, siccome la mia viene considerata una materia poco importante, ho quasi sempre le ultime ore.
RispondiEliminaHo letto il tuo post con attenzione (anche quello delle matite) e mi sembra tutto molto interessante ma anche utopico. Ieri mattina un mio alunno straniero, con una difficile situazione familiare alle spalle, mi ha impedito di fare lezione. Mi chiedo come potrò io fargli seguire le prossime lezioni quando a lui non interessa niente: è un po’ più partecipe solo in palesta e durante le ore di musica.
Questo bambino non potrebbe fare altro che sia più alla sua portata, di più utile e interessante per lui durante le mie ore? Per esempio falegnameria…
Ciao!
RispondiEliminaIo sono un’insegnante di scuola primaria quindi non conosco bene l’organizzazione della scuola media. Credo, in effetti che sia più difficile concordare un approccio comune con i colleghi, se non altro perché siete in tanti, ma penso anche che sia necessario e ci siano le condizioni per farlo. Portare l’attenzione su questo bambino durante un consiglio di classe ti aiuterà a sentirti meno sola ed abbandonata. Quando lo farai dovresti avere l’attenzione di parlare di lui in maniera positiva, non insistendo sulle sue difficoltà ma sui suoi lati positivi. Ad esempio mi sembra di capire che questo ragazzino è interessato, e probabilmente competente, nelle attività motorie e nella musica. Perché non ripartire da lì? Sottolineare i suoi “sa fare” lo porterà a dare ed avere lui stesso una diversa immagine di sé, potrà migliorare la sua autostima, favorire l’instaurarsi di una relazione positiva con alunni ed insegnanti. Mi dici poi che questo bambino è straniero: potrebbe avere problemi di comunicazione. A volte sembra che i bambini stranieri abbiano buone competenze linguistiche che, tuttavia, nascondono problemi di comprensione (il lessico usato a scuola è specifico e molto più complesso di quella usato nella quotidianità). O forse è semplicemente in difficoltà perché si trova improvvisamente a contato con una cultura diversa dalla sua. Su questo versante potresti farti aiutare da un facilitatore linguistico o ancora meglio da un mediatore culturale. Non so da dove stai scrivendo ma credo che contattando la funzione strumentale del tuo istituto che si occupa degli alunni stranieri, o l’ufficio scuola del tuo comune potrai avere tutti i riferimenti che ti servono. A Cesena, ad esempio, si occupa di mediazione culturale il centro interculturale “Movimenti” (via ex tiro a segno, 239).
Spero di esserti stata utile almeno un po’…
Per quanto riguarda la falegnameria penso che la tua sia stata una provocazione. Un’organizzazione come quella che tu prospetti ci porterebbe indietro di cinquant’anni a prima della legge che ha istituito la scuola media unica (legge 1859/1962)… in quella scuola erano i ragazzi italiani provenienti dalle famiglie più povere e disagiate a fare falegnameria o cucito anziché francese!