In questa pagina di RICORDI voglio ripensare ad una esperienza molto formativa ed informativa che ho potuto fare in Europa grazie ad un progetto Comenius 1 di partenariato internazionale.
GERMANIA – FINLANDIA - GALLES
Era il settembre del 2002, insegnavo in quella scuola già da un anno e, durante il primo collegio docenti del nuovo anno scolastico, la nostra dirigente ci diede la notizia di essere stati scelti per partecipare ad un progetto di partenariato europeo Comenius 1. Mi complimentai subito con la collega che aveva presentato il progetto, lei mi disse che non avrebbe potuto seguirlo poiché di lì a poco sarebbe diventata mamma e mi propose subito di coordinarlo al posto suo!? Questa proposta mi sembrò incredibile, mi mancava l’esperienza, non avevo delle competenze linguistiche così elevate, ma, vista la sua insistenza, mi resi disponibile nel caso in cui non trovasse nessun’altro. Ancora più incredibile: nessun collega accetto di sostituirla!
Insomma per farla breve di lì a qualche mese partii per concordare con le coordinatrici degli altri paesi coinvolti le attività da proporre ai nostri alunni: ci incontrammo in Germania. Ovviamente quel viaggio ed i successivi furono l’occasione per conoscere i sistemi scolastici di altri paesi europei e per me che ero già insegnante di sostegno, anche l’approccio agli alunni in situazione di handicap.
Germania
La scuola tedesca si trovava in un paese a ridosso della Foresta Nera, molto ben curato. La scuola, pur trovandosi in un edificio piuttosto vecchio, era funzionale e organizzata. Ricordo classi numerose con molti alunni di origine straniera (mi sembra di ricordare che frequentassero quella scuola alunni provenienti da più di trenta paesi esteri) ed in particolare una bambina italiana di sette anni, un po’ spaurita, che frequentava quella scuola da circa un mese e mi accolse con un bel sorriso quando capì che anch’io venivo dall’Italia. Ricordo un’ampia aula per le lingue straniere, pochi strumenti tecnologici (la presentazione in power point che avevo preparato per far conoscere la nostra scuola fu mostrata in un piccolissimo PC poiché non avevano un videoproiettore!?), una bellissima aula insegnanti (!) ma nessuna traccia di alunni in situazione di handicap. Io ero già un’insegnante di sostegno e chiesi informazioni a questo proposito. Mi risposero semplicemente che loro frequentavano scuole molto ben organizzate, pensate per loro.
Durante un viaggio successivo, al quale io non partecipai, le mie colleghe furono portate in visita in una scuola speciale per alunni con problemi motori. Mi raccontarono di una scuola organizzatissima, con modernissime palestre per la riabilitazione, collaborazioni con fisioterapisti… mi sembrò quasi la descrizione di un ospedale più che di una scuola.
Galles
Durante la primavera successiva ci incontrammo in Galles in un paese sull’Oceano Atlantico. Mi sembrò un luogo un po’ freddo, con angoli malinconici di case disabitate e malandate. La scuola si trovava in un edificio apparentemente moderno ma, in realtà, doveva essere un po’ datato poiché una volta entrati notammo porte rotte, armadietti piuttosto rovinati ma una bella palestra che veniva utilizzata anche come teatro. Ci mostrarono un’aula d’informatica con pochissimi PC, forse cinque, acquistati dai genitori ed una mensa scolastica con un menù che le dietiste italiane ,che si occupano dell’alimentazione a scuola, avrebbero immediatamente cestinato . Gli alunni erano disciplinatissimi, per gli spostamenti camminavano sempre in fila indiana ed in silenzio. La coordinatrice Gallese era, come me, una “teacher for children with special needs” e ci accompagnò nella sua aula in cui seguiva pochi alunni con bisogni speciali(non ricordo il numero preciso, ma erano comunque meno di dieci). Erano bambini molto tranquilli e sorridenti e quando lo feci notare alla collega gallese lei mi rispose “I medicinali hanno un ottimo effetto” e rivolgendosi verso un bambino biondo molto carino, continuò “Lui era un diavoletto, ora è un angelo!”.
Finlandia
Il mio terzo viaggio, durante l’anno scolastico successivo, fu nel sud della Finlandia. Ricordo un paese nel verde, molto accogliente e tranquillo. La scuola si trovava in una zona un po’ isolata. Ricordo i bambini, anche molto piccoli, che arrivavano a scuola in bicicletta, tutti a maniche corte mentre noi indossavamo il piumino per difenderci dal vento freddo (era fine settembre). Forse per questo la scuola ci sembrò tanto calda ed accogliente. I bambini sembravano tutti molto tranquilli, si muovevano silenziosamente per la scuola in pantofole, le finestre erano protette da tendaggi colorati, quasi in tutte le aule c’era un videoproiettore collegato al PC. L’insegnante che ci faceva da guida ci portò dai suoi alunni di 6^ che stavano leggendo in inglese l’ultimo libro di J.K. Rowling. Con loro c’era un’insegnante supplente. La scuola ne aveva a disposizione due, sempre, anche se non c’era la necessità di supplire qualcuno, in quel caso collaboravano con le colleghe mettendo a disposizioni le loro competenze musicali: a scuola c’era anche un pianoforte, ovviamente. Insomma sembrava un ambiente ideale ma poi arrivammo ad un’ala della scuola chiusa da una porta a vetri. Chiesi perché quelle aule erano lontano dalle altre e mi risposero che erano le aule dei bambini con bisogni speciali. Quella per la nostra guida era una buona soluzione, permetteva alle insegnanti delle “classi normali” di lavorare tranquillamente facendo raggiungere ottimi livelli di competenza ai loro alunni (in effetti ad 11 anni sapevano leggere Harry Potter in inglese!). “E i bambini delle classi speciali?” chiesi. “Anche per loro è un situazione ideale, in questa scuola abbiamo solo bambini con "specific learning disabilities" che portano avanti un percorso specifico”. Nei giorni successivi su mia richiesta mi fu mostrata questa ala della scuola. Anche queste aule belle e funzionali ma nessuna traccia di proiettori e anche pochi PC. In quella occasione incontrai una delle insegnanti di sostegno, che mi parlò in maniera più informale delle classi speciali. Mi disse che ogni classe era costituita da circa 10 bambini, quasi sempre almeno 12, tutti bambini risultati dislessici, disgrafici, discalculici… in seguito ad uno screening fatto in 1^ elementare. L’insegnante era affiancata da un’assistente che avrebbe dovuto aiutarla nella parte organizzativa me che in realtà si occupava anche della didattica poiché “Seguire 12 bambini con disturbi specifici di apprendimento, suddivisi in base all’età, ma con difficoltà completamente diverse fra loro, è veramente difficile! “. Mi disse, inoltre, che ogni scuola era specializzata per accogliere alunni con specifiche disabilità che venivano accolti in classi speciali.
Alcune considerazioni
Considero questa esperienza di coordinamento di un progetto Comenius come una grande opportunità che mi è stata data da tanti punti di vista. Conoscere, ma soprattutto entrare in contatto, con alcuni sistemi scolastici europei mi ha permesso di ripensare e, per tanti aspetti, rivalutare la scuola italiana. Per ciò che riguarda, in particolare, gli alunni in situazione di handicap ho potuto rendermi conto di quanto l’approccio italiano, la volontà di integrare questi alunni nella scuola di tutti e di ciascuno sia un approccio davvero rispettoso della persona, una grande opportunità per tutti da non dare per scontata. L’integrazione, infatti, si realizza nello scambio e nell’adattamento reciproco ed intende la diversità come una risorsa e non come un problema. Un bambino con deficit realmente integrato può e deve essere un occasione per tutti poiché deve portare gli insegnanti a rivedere il proprio approccio metodologico incentrando l’attenzione sulle strategie e sui processi di apprendimento piuttosto che sui contenuti. Ebbene questo non può essere di disturbo per nessuno ma, ripeto, è una grande opportunità. Durante quelle visite a scuole con classi speciali ho riflettuto su quanto l’Italia fosse all’avanguardia in Europa, e per quanto ne so anche nel mondo, in questo ambito e questo mi ha fatto prendere ancor maggiore coscienza del ruolo di grande responsabilità che ricoprivo e ricopro. L’insegnante di sostegno, infatti, in qualità di esperto, in possesso di competenze specifiche deve davvero essere un riferimento per i colleghi, propositore, capace di cooperare coi colleghi e di portarli, eventualmente, al cambiamento.
L'insegnante di sostegno
L'insegnante di sostegno
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