mercoledì 19 gennaio 2011

Un po' di chiarezza sul lessico

Ritengo, a questo punto, importante chiarire il lessico riguardante il mondo dell’handicap poiché questo termine è stato spesso male interpretato: il termine handicap, infatti, è spesso erroneamente attribuito indifferentemente alla menomazione fisica o mentale o allo stato di bisogno che ne deriva.



mercoledì 12 gennaio 2011

Disabilità...


Una bambina di 11 anni, 
affetta da sindrome di Down, 
giocava sulla spiaggia con un bambino.
“Sei disabile?” le chiese. “No, sono Daisy” rispose
e continuarono a giocare.

da NESSUNO ESCLUSO   -UNICEF ITALIA-


“Non accettarmi come sono” è il grido di
disperazione di centinaia di individui costretti,
a causa di un atteggiamento di accettazione
passiva (non si può cambiare…),
di una cosiddetta tolleranza,
a una qualità di vita relativamente bassa.

Reuven Feuerstein


Ho voluto riportare in questa sezione due brani tratti da due differenti testi che sembrano rappresentare due atteggiamenti contrari che si possono assumere nei confronti della disabilità e dei disabili in genere. Nel primo caso[1], infatti, si vuole suggerire un atteggiamento di totale accettazione nei confronti di chi si trova in una situazione di handicap per poterne evitare l’esclusione o qualsiasi forma di discriminazione. Nel secondo brano[2], al contrario, si consiglia di non accettare lo stato di disabilità poiché è necessario impedire che la tolleranza si trasformi in un alibi all’emarginazione, tanto più che è possibile cambiare, favorire un miglioramento tale da permettere a qualsiasi individuo portatore di handicap di “inserirsi in un ambiente normale e di possedere una buona dose di indipendenza”[3].

Quale atteggiamento privilegiare?
In che cosa si concretizzerebbero l’uno e l’altro atteggiamento?




[1] Unicef Italia, Nessuno escluso, PrimeGRaf, 2003, p. 91 
[2] Feuerstein, Rand, Rydnes, Non accettarmi come sono,Sansoni Editore, Milano, 1995, p. 15 
[3] Ibidem, p. 4

lunedì 10 gennaio 2011

RICORDI - SOFIA

Questa è la sezione del blog che ho deciso di dedicare ai ricordi: a bambini che ho conosciuto, ad alcune situazioni vissute, a percorsi didattici messi in atto… E vorrei farlo con un occhio critico, con l’occhio “emozionato” di chi ha incontrato “Emozione di Conoscere e Desiderio di Esistere”. 


SOFIA 

Sofia è una bambina di sette anni affetta da grave tetraparesi spastica da sofferenza perinatale con componente distonica[1]. È una bambina molto bella, con grandi occhi sorridenti. Sofia non parla, o almeno non lo fa con le parole e neppure con i gesti poiché le sue manine sono contratte, ed in generale non controlla molto bene i movimenti del corpo. 

Perché appena ho ideato questa parte del blog ho pensato a lei? 

Probabilmente perché ho un bel ricordo di lei, dei suoi compagni, delle colleghe, di quel periodo… Si respirava un bel clima di grande collaborazione e questo ci ha permesso di “fare tanto”… ma oggi ho un occhio più “emozionato” e questo mi porta a dire che avremmo potuto fare di più, agire diversamente. 



domenica 9 gennaio 2011

Sono una maestra di sostegno...

... alla scuola elementare ormai da molti anni e ho seguito diversi bambini in situazione di handicap e le loro classi. Ho sempre considerato l’aggiornamento e la preparazione professionale una necessità prima che un dovere. Questo mi ha spinto a mettermi in gioco provando tecniche e metodoligie diverse a seconda delle situazioni pur mantenendo alcuni punti fermi. 

Gli studi che sto effettuando in questo momento mi hanno portato a rivedere alcune metodologie messe in atto negli scorsi anni e a ripensare ad alcune situazioni in cui avrei potuto agire diversamente alle quali dedicherò alcune parti di questo blog. 

I MIEI PUNTI FERMI (un po'"influenzati" dal metodo Emozione di conoscere!)

PARTIRE DA QUELLO CHE C’È    Credo che questo sia davvero fondamentale: osservare i bambini, i colleghi, gli ambienti… e partire da lì. 
  • I bambini, il bambino in situazione di handicap in particolare: è necessario rilevare le sue difficoltà ma è fondamentale partire dai suoi “sa fare”, sottolineando la sua parte positiva, evitando, ad esempio, di farlo esercitare specificatamente su una abilità che non possiede poiché così si rischia di sottolineare l’errore, il deficit, la debolezza trascinando il bambino in un vortice di insuccessi. Senza poi considerare che i soli esercizi portano ad una carenza di motivazione ed attenzione. 
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LUCA

Per Luca scrivere in corsivo è particolarmente difficile e gli richiede molto impegno. All’inizio dell’anno scolastico si delimitava lo spazio in cui doveva scrivere (individuando con colori diversi CIELO, PRATO e TERRA). Si trattava di un esercizio complicatissimo che portava Luca ad impiegare moltissimo tempo a scrivere ed a necessitare una dettatura di lettera per lettera. Tutto questo demotivava Luca e non lo rendeva autonomo. Col passare del tempo il corsivo è stato utilizzato sempre meno e questo ha permesso a Luca di essere più veloce e di utilizzare le sue energie per perseguire altri risultati (gli errori ortografici, la produzione…). 
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