... alla scuola elementare ormai da molti anni e ho seguito diversi bambini in situazione di handicap e le loro classi. Ho sempre considerato l’aggiornamento e la preparazione professionale una necessità prima che un dovere. Questo mi ha spinto a mettermi in gioco provando tecniche e metodoligie diverse a seconda delle situazioni pur mantenendo alcuni punti fermi.
Gli studi che sto effettuando in questo momento mi hanno portato a rivedere alcune metodologie messe in atto negli scorsi anni e a ripensare ad alcune situazioni in cui avrei potuto agire diversamente alle quali dedicherò alcune parti di questo blog.
I MIEI PUNTI FERMI (un po'"influenzati" dal metodo Emozione di conoscere!)
PARTIRE DA QUELLO CHE C’È Credo che questo sia davvero fondamentale: osservare i bambini, i colleghi, gli ambienti… e partire da lì.
- I bambini, il bambino in situazione di handicap in particolare: è necessario rilevare le sue difficoltà ma è fondamentale partire dai suoi “sa fare”, sottolineando la sua parte positiva, evitando, ad esempio, di farlo esercitare specificatamente su una abilità che non possiede poiché così si rischia di sottolineare l’errore, il deficit, la debolezza trascinando il bambino in un vortice di insuccessi. Senza poi considerare che i soli esercizi portano ad una carenza di motivazione ed attenzione.
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LUCA
Per Luca scrivere in corsivo è particolarmente difficile e gli richiede molto impegno. All’inizio dell’anno scolastico si delimitava lo spazio in cui doveva scrivere (individuando con colori diversi CIELO, PRATO e TERRA). Si trattava di un esercizio complicatissimo che portava Luca ad impiegare moltissimo tempo a scrivere ed a necessitare una dettatura di lettera per lettera. Tutto questo demotivava Luca e non lo rendeva autonomo. Col passare del tempo il corsivo è stato utilizzato sempre meno e questo ha permesso a Luca di essere più veloce
e di utilizzare le sue energie per perseguire altri risultati (gli errori ortografici, la produzione…).

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- I colleghi: è utile riconoscere le competenze di tutti i componenti del team docente per poterle sfruttare, partire insomma, anche in questo caso dai “sa fare” mettendo, al contempo, a disposizione le proprie competenze. Essere insegnante di sostegno non è sempre facile. Nonostante siano ormai trascorsi decenni dalla prima legge sull’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap (L.517/1977), può ancora succedere di essere considerati come insegnanti meno importanti rispetto ai cosiddetti insegnanti curricolari, ma porsi in un atteggiamento collaborativo, e mettere a disposizione le proprie competenze mi ha sempre aiutato nel fare il bene dei bambini e nello scalfire e modificare organizzazioni e situazioni cristallizzate ed intoccabili.
- Gli ambienti o più in generale l’organizzazione: non credo, infatti, che sia proficuo perdere tempo ed energie nel lamentarsi di ciò che manca, di ciò che non si può fare ma è, invece, importante sfruttare al meglio ciò che c’è e cercare di perseguire i propri obiettivi mettendo in atto percorsi originali.
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CLASSE 3^
La nostra scuola aderisce ad un progetto internazionale COMENIUS ed è in contatto con tre scuole europee (Mantsala in Finlandia, Villingen-Schwenningen in Germania, Rhyl in Galles). In questo periodo stiamo riflettendo sull'alimentazione e stiamo costruendo un ricettario internazionale in cui compariranno le ricette tipiche della nostra tradizione. Immediatamente abbiamo scelto la NOSTRA ricetta tradizionale: la piadina! Purtroppo però c'è un problema: la ricetta dovrà essere spedita insieme alle foto in cui noi dimostriamo di averla cucinata a scuola e qui non c'è la cucina!! Insomma alla fine abbiamo scelto il salame di cioccolato: sarà un po' meno tipico ma non servono fornelli per cucinarlo! Probabilmente anche i nostri amici finlandesi hanno avuto il nostro stesso problema: ci hanno inviato la ricetta della fruit salad (la macedonia)!?!
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AGIRE, FARE nella pratica quotidiana e nella didattica.
- Quando si arriva in una nuova classe credo si debba spendere gran parte delle proprie energie per instaurare un buon rapporto con i nuovi interlocutori, primo fra tutti l'alunno in situazione di handicap: è difficile ottenere qualsiasi risultato se il percorso di insegnamento-apprendimento si porta avanti in un ambiente ostile, non empatico, al di fuori di una relazione significativa anche dal punto di vista affettivo. Al contempo è importantissimo dedicarsi all'osservazione (del bambino in situazione di handicap, dei suoi compagni, delle dinamiche relazionali...) ma credo che sia altrettanto importante agire. Agire può significare, inizialmente, contattare gli operatori della A.S.L. per fissare l'incontro di stesura del PEI, chiamare l'insegnante che ha seguito il bambino in situazione di handicap l'anno precedente, visionare il fascicolo personale dell'allievo, ma anche e soprattutto programmare ed attuare quanto prima percorsi didattici mirati, avendo bene in mente dove si vuole arrivare. Questo, purtroppo, l'ho imparato a mie spese. Durante il mio primo anno di servizio in qualità di insegnante di sostegno (non ero ancora in possesso del titolo specifico ed avevo davvero poca esperienza) ricordo un periodo di osservazione "interminabile". In realtà ero solo un po' spaventata, non sapevo da dove iniziare ma una volta iniziato tutto è andato meglio!
- Agire significa anche mettere in atto itinerari didattici agiti. Il toccare, il muoversi, l'andare, il guardare, l'incollare, il ritagliare, il lanciare, il colpire, il prendere, lo scappare... sono azioni che vanno incluse nel piano educativo e divengono leggere, scrivere, ricordare, perché si è agito, ci si è mossi.
FAVORIRE IL VISSUTO PIUTTOSTO CHE IL SUBITO Questo tipo di approccio favorisce uno stile educativo attivo, che mette al centro il bambino con le sue caratteristiche e lo fa fare.
Il Vissuto consente di:
- RITORNAR SOPRA per interiorizzare, per vedere una certa esperienza da un altro punto di vista, per cogliere particolari nuovi e ipotizzare altri percorsi;
- ASPETTARE, RISPETTARE I TEMPI DEL BAMBINO proponendo lo stimolo giusto al momento giusto, né troppo presto, né troppo tardi, proprio all'interno dell'area di sviluppo prossimale;
- PUNTARE ALL'INDIPENDENZA superando l'autonomia, poiché non è sufficiente essere capaci di vestirsi bisogna anche decidere che abiti indossare;
- ORGANIZZARE LE ATTIVITÀ DIDATTICHE senza, tuttavia, diventare maghi poichè gli oggetti non appaiono dal nulla ma anzi si fanno notare i particolari, le differenze;
- SFRUTTARE L'OCCASIONE, la vita quotidiana, per apprendere, socializzare, star bene.
Per approfondire questi ultimi punti (Vissuto-Subito), area di sviluppo prossimale ed altri ambiti teorici alla base del metodo Emozione di conoscere consultate questo link
Sono una supplente temporanea di scuola Primaria. Da circa 2 mesi sostituisco un'insegnante di sostegno su un bambino autistico di classe 3^. Inizialmente la supplenza doveva essere di 2 settimane, poi di un mese. Sono passati 2 mesi e sono ancora qui. I primi 15 giorni sono passati, poi ho pensato di agire per dirla a modo tuo, ma in realtà ho una gran confusione in testa, pensa il bambino! Cosa posso fare?
RispondiEliminaCiao, il tuo post mi ha fatto ricordare esperienze vissute anche da me.
RispondiEliminaIn effetti è difficile ritrovarsi in situazione del genere: ci si sente molto soli. Ma in realtà tu sola non lo sei. Prima di tutto, ogni giorno incontri i tuoi colleghi di team, che in questo momento, più che mai, devono essere il punto di riferimento per i bambini ma anche per te. Loro conoscono il percorso messo in atto per quel bambino, e soprattutto conoscono il bambino (che cosa lo aiuta, che cosa lo mette in difficoltà, che cosa gli piace, che cosa sa fare…).
Poi, sostituisci un ‘insegnante che avrebbe dovuto darti indicazioni precise sul percorso da portare avanti, se così non fosse prova a contattarla. Nel caso in cui questo non sia possibile (non conosco il motivo per cui l’insegnante si è assentata) esiste la documentazione (il fascicolo personale dell’alunno, il registro) dalla quale puoi trarre molte informazioni utili.
Per quanto riguarda invece la didattica credo sia importante puntare sulle competenze del bambino, darsi degli obiettivi precisi e ricordarli. Agire non significa fare qualcosa, qualsiasi cosa, purché si faccia, ma avviare attività con un preciso scopo: se, ad esempio, disegni le sagome del suo corpo facendolo sdraiare su un grande foglio devi sapere se lo fai perché il bambino prenda coscienza di sé, se vuoi che impari i nomi delle varie parti del corpo, se vuoi favorire l’instaurarsi di un rapporto più “vicino” tra voi… o per tutto questo.
Infine: cogli le occasioni. Arriva a scuola con una precisa idea di quello che farete ma sii pronta a modificare ciò che avevi in mente. Se, ad esempio, il bambino chiede (anche se non a parole) che il disegno della sagoma lo faccia un suo amico, cogli l’occasione, questo potrebbe migliorare la sua capacità di relazionarsi.
Questi sono solo esempi che spero ti possano aiutare. Eventualmente ci risentiamo…