sabato 5 marzo 2011

RICORDI - GIOVANNI

"Tra i tuoi alunni c'è Giovanni che trattiene le lacrime. In questo momento ha visto che gli altri bambini hanno capito i segni che tu hai scritto alla lavagna. Ha intuito che rappresentano suoni e che quei suoni si usano per dire parole una dopo l'altra guardando il foglio, quello insomma che gli altri chiamano "leggere". A lui molti di quei trattini sembrano uguali o quasi, altri hanno lo stesso suono, ma vede che vengono scritti diversamente. Tu gli hai detto che non faceva abbastanza attenzione, ecco perché sbagliava e rimaneva sempre indietro. Gli hai anche detto che avrebbe lavorato durante la ricreazione, anziché giocare, così si sarebbe messo in pari con gli altri. (...)" AA.VV, La dislessia raccontata agli insegnanti, Libri Liberi, Bologna, 2002, Pag. 11

Giovanni, ovviamente, non è stato un mio alunno, non proprio lui, ma quanti Giovanni ho incontrato a scuola? Quanti RICORDI ho di bambini come lui?



giovedì 3 marzo 2011

Integrare, includere! Non sciogliere solo il ghiaccio!!

Vorrei riportare di seguito un brano[1]  che penso sia davvero esemplificativo di come spesso si consideri integrazione-inclusione ciò che in realtà non lo è.

“Una storia racconta che un uomo, che era molto attivo nella lotta per i diritti umani, ritornò a casa dopo un duro giorno di lavoro. Quando si addormentò, sognò che un angelo gli annunciava che era stato condannato all'ottavo girone dell'Inferno. Interrogato su come fosse l'ottavo girone, l'angelo gli concesse il diritto di vederlo. Quando arrivò sul posto, udì qualcuno che si lamentava dicendo che in quel posto faceva troppo freddo per poterci stare. Vedendo una montagna di neve - la fonte del freddo - l'uomo decise che avrebbe sciolto la neve con il calore del suo corpo; si tolse la maglia e si avvicinò alla montagna. Ora dopo ora il calore del suo corpo trasformò la montagna di neve in un fiume d'acqua; quando tutta la neve fu sciolta, si rimise la maglia, pieno di gioia per ciò che aveva compiuto. Poi, con immenso disappunto, vide che il fiume sciolto era diventato un grande lago di ghiaccio! Il freddo diventò ancora più pungente di prima”.


I cambiamenti che ciascuno attua, nella scuola come nella società, in favore dell'integrazione di persone in situazione di handicap, rischiano di essere inutili o addirittura dannosi se non intendono essere davvero risolutivi, e vogliono solo salvare le apparenze in favore di un inserimento di facciata. 

lunedì 28 febbraio 2011

Quando l'ambiente ti rende "handicappato"

Questo video mostra con chiarezza la differenza tra deficit ed handicap...


La protagonista del filmato ha sicuramente un deficit ma il suo handicap sarebbe minimo se gli scivoli fossero lasciati liberi o se gli autobus fossero equipaggiati con il "ponte levatoio"...

domenica 27 febbraio 2011

VERSO L'INFINITO

Queste frasi di Gibran esprimono, in maniera poetica, quello che penso possa essere l'atteggiamento più adatto nei confronti dei bambini (non solo dei figli).




I vostri figli non sono i vostri figli.

Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
e benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
perché le loro anime abitano nella casa del domani,
che voi non potete visitare, neppure in sogno.
Potete sforzarvi d'essere simili a loro, 
ma non cercate di renderli simili a voi,
perché la vita non procede a ritroso e non s'attarda su ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, 
le vostre frecce vive, sono lanciati lontano.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, 
e con la Sua forza vi tende affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell'Arciere;
perché se egli ama la freccia che vola, 
ama ugualmente l'arco che sta saldo.

mercoledì 23 febbraio 2011

Integrazione in Europa

Ho già inserito in questo blog un intervento sulla questione della gestione degli alunni in situazione di handicap in Europa. Si rifaceva ad una mia esperienza di circa dieci anni fa durante la quale avevo rilevato come ancora fossero in auge le scuole o classi speciali in Europa. In quello stesso periodo, durante il 54TH WORLD HEALTH ASSEMBLY 2001 di Roma, si rilevò una forte attenzione positiva all’integrazione in Italia, sostenendo l’evoluzione verso l’inclusione di molti paesi Europei.

Queste riflessioni mi hanno spinto a fare una ricerca[1] sulle attuali scelte di molti paesi europei in merito all’integrazione degli alunni in situazione di handicap.
  

venerdì 11 febbraio 2011

RICORDI - IN EUROPA

In questa pagina di RICORDI voglio ripensare ad una esperienza molto formativa ed informativa che ho potuto fare in Europa grazie ad un progetto Comenius 1 di partenariato internazionale.

GERMANIA – FINLANDIA - GALLES

Era il settembre del 2002, insegnavo in quella scuola già da un anno e, durante il primo collegio docenti del nuovo anno scolastico, la nostra dirigente ci diede la notizia di essere stati scelti per partecipare ad un progetto di partenariato europeo Comenius 1. Mi complimentai subito con la collega che aveva presentato il progetto, lei mi disse che non avrebbe potuto seguirlo poiché di lì a poco sarebbe diventata mamma e mi propose subito di coordinarlo al posto suo!? Questa proposta mi sembrò incredibile, mi mancava l’esperienza, non avevo delle competenze linguistiche così elevate, ma, vista la sua insistenza, mi resi disponibile nel caso in cui non trovasse nessun’altro. Ancora più incredibile: nessun collega accetto di sostituirla!
Insomma per farla breve di lì a qualche mese partii per concordare con le coordinatrici degli altri paesi coinvolti le attività da proporre ai nostri alunni: ci incontrammo in Germania. Ovviamente quel viaggio ed i successivi furono l’occasione per conoscere i sistemi scolastici di altri paesi europei e per me che ero già insegnante di sostegno, anche l’approccio agli alunni in situazione di handicap.

giovedì 3 febbraio 2011

Vola solo chi osa farlo!

"Ho paura! Mamma!" stridette Fortunata. (...) 
"Ora volerai. Il cielo sarà tuo" miagolò Zorba. 
"Non ti dimeticherò mai" (...) 
"Vola!" miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena. (...) Fortunata volava solitaria nella notte (...) 
"Volo! Zorba! So volare!" strideva euforica dal vasto cielo grigio. 
L'umano accarezzò il dorso del gatto. 
"Bene, gatto. Ci siamo riusciti" disse sospirando.
"Sì, (...) ha capito la cosa più importante" miagolò Zorba.
"Ah sì? E cosa ha capito?" chiese l'umano. 
"Che vola solo chi osa farlo" miagolò Zorba.


Luis Sepulveda

STORIA DI UNA GABBIANELLA E 
DEL GATTO CHE LE INSEGNÒ A VOLARE


VOLA SOLO CHI OSA FARLO...

... CHI HA IMPARATO A FARLO 
E HA LA FIDUCIA PER FARLO!

COME LUIGI...

È italiano, ha 22 anni, si chiama Luigi ed il primo studente con Sindrome di Down ad ottenere una borsa di studio Erasmus che gli permetterà di continuare i suoi studi in Magistero Infantile nella facoltà di Murcia durante il prossimo Anno Accademico.

(...)
Luigi a Murcia conoscerà le sei abitazioni messe a disposizione dall'Associazione Sindrome di Down nella regione che gli permetterà di condividerle con altri compagni dell'Università.
"Stiamo contribuendo a diffondere nuova cultura. Credo che la cultura e l'accettazione della diversità nasca dalla conoscenza. Questa è una grande opportunità".
Luigi ha avuto una borsa di studio che gli permetterà di diventare maestro grazie ad una convenzione tra l'Università, l'Associazione Sindrome di Down della regione di Murcia e l'Università di Bologna.

mercoledì 19 gennaio 2011

Un po' di chiarezza sul lessico

Ritengo, a questo punto, importante chiarire il lessico riguardante il mondo dell’handicap poiché questo termine è stato spesso male interpretato: il termine handicap, infatti, è spesso erroneamente attribuito indifferentemente alla menomazione fisica o mentale o allo stato di bisogno che ne deriva.



mercoledì 12 gennaio 2011

Disabilità...


Una bambina di 11 anni, 
affetta da sindrome di Down, 
giocava sulla spiaggia con un bambino.
“Sei disabile?” le chiese. “No, sono Daisy” rispose
e continuarono a giocare.

da NESSUNO ESCLUSO   -UNICEF ITALIA-


“Non accettarmi come sono” è il grido di
disperazione di centinaia di individui costretti,
a causa di un atteggiamento di accettazione
passiva (non si può cambiare…),
di una cosiddetta tolleranza,
a una qualità di vita relativamente bassa.

Reuven Feuerstein


Ho voluto riportare in questa sezione due brani tratti da due differenti testi che sembrano rappresentare due atteggiamenti contrari che si possono assumere nei confronti della disabilità e dei disabili in genere. Nel primo caso[1], infatti, si vuole suggerire un atteggiamento di totale accettazione nei confronti di chi si trova in una situazione di handicap per poterne evitare l’esclusione o qualsiasi forma di discriminazione. Nel secondo brano[2], al contrario, si consiglia di non accettare lo stato di disabilità poiché è necessario impedire che la tolleranza si trasformi in un alibi all’emarginazione, tanto più che è possibile cambiare, favorire un miglioramento tale da permettere a qualsiasi individuo portatore di handicap di “inserirsi in un ambiente normale e di possedere una buona dose di indipendenza”[3].

Quale atteggiamento privilegiare?
In che cosa si concretizzerebbero l’uno e l’altro atteggiamento?




[1] Unicef Italia, Nessuno escluso, PrimeGRaf, 2003, p. 91 
[2] Feuerstein, Rand, Rydnes, Non accettarmi come sono,Sansoni Editore, Milano, 1995, p. 15 
[3] Ibidem, p. 4

lunedì 10 gennaio 2011

RICORDI - SOFIA

Questa è la sezione del blog che ho deciso di dedicare ai ricordi: a bambini che ho conosciuto, ad alcune situazioni vissute, a percorsi didattici messi in atto… E vorrei farlo con un occhio critico, con l’occhio “emozionato” di chi ha incontrato “Emozione di Conoscere e Desiderio di Esistere”. 


SOFIA 

Sofia è una bambina di sette anni affetta da grave tetraparesi spastica da sofferenza perinatale con componente distonica[1]. È una bambina molto bella, con grandi occhi sorridenti. Sofia non parla, o almeno non lo fa con le parole e neppure con i gesti poiché le sue manine sono contratte, ed in generale non controlla molto bene i movimenti del corpo. 

Perché appena ho ideato questa parte del blog ho pensato a lei? 

Probabilmente perché ho un bel ricordo di lei, dei suoi compagni, delle colleghe, di quel periodo… Si respirava un bel clima di grande collaborazione e questo ci ha permesso di “fare tanto”… ma oggi ho un occhio più “emozionato” e questo mi porta a dire che avremmo potuto fare di più, agire diversamente. 



domenica 9 gennaio 2011

Sono una maestra di sostegno...

... alla scuola elementare ormai da molti anni e ho seguito diversi bambini in situazione di handicap e le loro classi. Ho sempre considerato l’aggiornamento e la preparazione professionale una necessità prima che un dovere. Questo mi ha spinto a mettermi in gioco provando tecniche e metodoligie diverse a seconda delle situazioni pur mantenendo alcuni punti fermi. 

Gli studi che sto effettuando in questo momento mi hanno portato a rivedere alcune metodologie messe in atto negli scorsi anni e a ripensare ad alcune situazioni in cui avrei potuto agire diversamente alle quali dedicherò alcune parti di questo blog. 

I MIEI PUNTI FERMI (un po'"influenzati" dal metodo Emozione di conoscere!)

PARTIRE DA QUELLO CHE C’È    Credo che questo sia davvero fondamentale: osservare i bambini, i colleghi, gli ambienti… e partire da lì. 
  • I bambini, il bambino in situazione di handicap in particolare: è necessario rilevare le sue difficoltà ma è fondamentale partire dai suoi “sa fare”, sottolineando la sua parte positiva, evitando, ad esempio, di farlo esercitare specificatamente su una abilità che non possiede poiché così si rischia di sottolineare l’errore, il deficit, la debolezza trascinando il bambino in un vortice di insuccessi. Senza poi considerare che i soli esercizi portano ad una carenza di motivazione ed attenzione. 
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LUCA

Per Luca scrivere in corsivo è particolarmente difficile e gli richiede molto impegno. All’inizio dell’anno scolastico si delimitava lo spazio in cui doveva scrivere (individuando con colori diversi CIELO, PRATO e TERRA). Si trattava di un esercizio complicatissimo che portava Luca ad impiegare moltissimo tempo a scrivere ed a necessitare una dettatura di lettera per lettera. Tutto questo demotivava Luca e non lo rendeva autonomo. Col passare del tempo il corsivo è stato utilizzato sempre meno e questo ha permesso a Luca di essere più veloce e di utilizzare le sue energie per perseguire altri risultati (gli errori ortografici, la produzione…). 
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